L’importanza della tecnica e della strategia

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L’importanza della tecnica e della strategia

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Di Lorenzo Cascarino

Premessa

Mi è sempre stato insegnato, a ragion veduta, che il cammino di un buon marzialista verso la perfezione è infinito… l’approccio giusto per migliorarsi e progredire si può riassumere con l’antico adagio socratico: “So di non sapere”. Questa annosa situazione di “propositiva ignoranza” non giustifica però una corsa a perdifiato verso lo sfuggente obiettivo, anzi, talvolta è opportuno, per fortificare ed assimilare i progressi fatti, fermarsi un istante e riflettere. Mokuso!
Direbbero i Sensei.

La mia esperienza diretta.

Durante questi anni di pratica costante dello Shinseikai Full Contact Karate, ho potuto apprezzare l’importanza, che per forza di cose, questa disciplina marziale riserva alla strategia e alla tattica.
Tale premessa viene giustificata dalle riflessioni che si possono fare avendo contezza di uno dei nostri allenamenti “tipo”.
Osservando con occhio attento la “parte tecnica” dell’addestramento, possiamo pacificamente constatare che la stessa è orientata in tutte le sue declinazioni  a sviluppare nell’atleta la destrezza e il senso tattico finalizzati alla ricerca del colpo da ko.
Il tutto, è bene sottolinearlo,
senza poter sfruttare la possibilità di portare colpi di braccia al viso (se si prende in considerazione il regolamento sportivo del Full Contact Karate, ricordo che lo Shinseikai studia e pratica ampiamente anche la parte con i pugni al viso), aspetto non di poco conto, se pensiamo alle maggiori soluzioni che avrebbe un karateka, utilizzando i suddetti colpi, per volgere anzitempo a proprio favore le sorti del combattimento.

Riflessioni.
Tale ultima asserzione ci porterebbe a pensare e giudicare il Full Contact Karate come una disciplina “fuori moda”, inefficace, o addirittura superata, rispetto agli altri sport da contatto.
Nulla di più sbagliato!
Il karateka è in grado di sferrare attacchi altrettanto devastanti rispetto ad altri fighter che fanno dello “striking” il loro cavallo di battaglia (es. Thai boxe, Kickboxing, discipline che ammettono chiaramente colpi di braccia al capo), grazie al bagaglio tecnico sopraffino e soprattutto alla succitata competenza tecnico-tattica.
Tali qualità si traducono dal punto di vista pratico in:

  • una grande scioltezza e abilità nelle gambe, unico arto che può colpire il capo, con conseguente spiccata maestria nel portare mawashi geri jodan(calcio circolare alto) a distanze molto ravvicinate;
  • una grande consapevolezza e abilità nel saper sfruttare a proprio vantaggio i punti deboli presenti nel corpo umano(non posso buttarlo giù con un diretto destro al viso!?! Soluzione = colpisco il fegato o il plesso solare).

Ricordo in tal senso, con grande affetto ed emozione, il primo incontro da professionista del nostro Senpai Mattia Faraoni: riuscì a farsi strada verso la vittoria con un paio di Ushiro geri (calcio girato al corpo) ben assestati al fegato che hanno letteralmente piegato il suo avversario.
I “seguaci” delle MMA possono testimoniare che questo devastante calcio girato viene provato molto spesso(e qualche volta con successo), anche dentro alla “gabbia”, suscitando l’entusiasmo del pubblico presente;

  • utilizzo delle tecniche di sabaki, il cui scopo è quello di sfruttare i vari “punti ciechi” dell’avversario attraverso spostamenti circolari, il raggiungimento dei quali, permette all’atleta di attaccare o contrattaccare in maniera sicura ed efficace;
  • grande precisione nel portare a segno le tecniche e soprattutto una grande capacità di resistenza al dolore ed ai potenziali traumi causati dai colpi ricevuti, che interessa maggiormente il torace, l’addome e le gambe dell’atleta.

Ricordiamo che le gare di Full Contact Karate si svolgono senza l’utilizzo di protezioni sulle mani (al massimo vengono utilizzati i guanti caratteristici delle MMA nelle categorie principianti).
Queste considerazioni mi portano a pensare che la strategia ed i meccanismi mentali, acquisiti e messi in atto da un karateka durante il kumite (combattimento), rappresentino “oro colato” se contestualizzati in “combattimenti  interstile”, caratterizzati cioè dalla presenza di un regolamento che consente ad atleti provenienti da diverse discipline, il confronto sul ring o sul tatami; un esempio su tutti: il K-1(con le dovute cautele anche le MMA).

Conclusioni.
Per onestà intellettuale è mio dovere fare un paio di precisazioni.
Il praticante di Karate che voglia combattere in tornei o eventi che prevedano anche l’utilizzo di colpi di braccia portati al viso, hanno il dovere di migliorare le proprie abilità nel pugilato, possibilmente con allenamenti suppletivi.
L’ex campione mondiale di K-1 Andy Hug, che tutti noi ricordiamo con grande affetto, è l’esempio.
E’ stato uno dei più grandi atleti di Full Contact Karate mai esistiti, ma nel momento in cui ha tentato il definitivo salto di qualità ha dovuto rimettersi in gioco e studiare a fondo anche il pugilato.
Nello stesso senso posso citare marzialisti a noi più “vicini” come il nostro Sensei Filippo Calà e il nostro Senpai Mattia Faraoni.
Tengo poi a sottolineare che lo scopo di questa riflessione non è quello di dimostrare la superiorità del Full Contact Karate rispetto agli altri numerosissimi e validissimi sport da contatto/arti marziali varie.
Il mio intento è quello di sottolineare, con estrema umiltà, come il karateka possa competere alla pari con gli altri fighters, sfruttando due peculiarità che lo contraddistinguono e che derivano dalla pratica costante della propria disciplina: la tecnica eccellente e la grande intelligenza tattica.

OSU!

Lorenzo Cascarino

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