My Road to Black Belt – di Lorenzo Sardara

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My Road to Black Belt – di Lorenzo Sardara

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Come molti di voi ormai sapranno, in Aprile mi recherò in Giappone per sostenere l’esame per il grado “Shodan” ( cintura nera 1° dan ) di Karate Shinseikai.
Proprio durante la mia ultima visita a Kyoto (Aprile 2013) ho avuto il piacere di incontrare nuovamente Tanaka Kanchou e parlare anche del nostro Dojo di Roma e di come i nostri allenamenti sotto la guida del Sensei Calà ( 3° dan Shinseikai ) stiano dando frutti e lustro al buon nome dello Shinseikai Karate, a tal proposito basti pensare ai risultati ottenuti dal Senpai Mattia Faraoni ( 2° dan Shinseikai ) in ambito internazionale.
Quindi abbiamo scherzato sul fatto che nonostante io sia un praticante di Karate fin dal 2002 non abbia ancora affrontato l’esame per la “nera”.
Da qui il suo invito a tornare l’anno seguente in Giappone, o se impossibilitato, a sostenere comunque la prova presso la “succursale” di Roma, dove lui per primo sa che non viene regalato niente a nessuno.
Così ho ripercorso a ritroso la strada fatta fino ad oggi, e non ho potuto non ripensare a tutti i sacrifici sostenuti, per riacquistare una forma fisica decente prima di poter muovere correttamente il mio fisico, provato da anni di vita sedentaria.
Da bambino ho praticato lo Judo e in età adolescenziale ho poi cambiato per il Jiu-Jitsu, sempre con grande passione e orgoglioso di vestire un “Gi” nel praticare le arti marziali.
Tuttavia avevo sempre guardato al Karate con un occhio meno riverente, pensando che con le sole forme ( Kata ) e senza il pieno contatto, non ci fosse nessuna efficacia e che fosse solo uno sport, e non un valido metodo per difendersi.
Cambiai repentinamente idea sull’argomento quando per la prima volta vidi ( nell’ormai lontano novembre del ’97 ) un incontro di K-1 dove ad affrontarsi a pieno contatto erano niente popó di meno che lo Shihan Andy Hug e Masaaki Satake.
Entrambi provenienti dal Karate, massima espressione di quella che a tutti gli effetti si può definire un arte, e che proprio Andy mostrava al mondo con le sue tecniche spettacolari in un connubio di agilità ed esplosività devastante.
Fu solo nel 2002 però, che ebbi la fortuna di incontrare il Maestro Calà, proprio grazie ad una ricerca che stavo facendo su internet sulla prematura scomparsa del grande Andy Hug.
Filippo riuscì a trasmettermi l’amore per questa “nuova” disciplina che oggi occupa uno spazio importante del mio quotidiano.
Infatti praticare seriamente il Karate richiede un impegno costante nel Dojo quanto al di fuori di questo, bisogna modificare il proprio stile di vita in maniera sana ed equilibrata.
Solo chi come il sottoscritto ha sperimentato cosa significa avere il fiatone dopo appena una rampa di scale, o delle fitte alla milza dopo neanche cinque minuti di corsetta, potrà capire a cosa mi stia riferendo.
Alla tenera età di 25 anni avevo abbandonato le speranze di una vita più sana e con i miei 115 kg mi avviavo verso una vecchiaia certamente meno felice, anche perché emotivamente provato da quella condizione fisica non proprio ottimale.
Ci sono voluti alcuni anni solo per poter finire un allenamento e non vi nego che in più di un occasione ho pensato di mollare tutto e tornarmene tranquillamente a guardare gli incontri stando comodamente seduto sul divano.
Tornando ai giorni nostri, e senza tediarvi troppo con questo argomento, posso dire di aver compreso che il Karate è una disciplina che si adatta a qualunque fisico e ad ogni età.
L’unica cosa che è richiesta, e che non è molto comune da trovare, è una profonda determinazione verso lo stesso ed un cambiamento di quelle attitudini che ci inducono a mollare e a farci pensare: “Ma chi me lo fa fare?”.
Quindi la vera sfida non è contro un avversario esterno, ma si svolge proprio dentro di noi, laddove ci fermiamo davanti ad una prova da superare o quando cediamo dopo aver ricevuto un colpo ben assestato che ci spezza il fiato e ci induce a pensare di non poter continuare oltre.
Ho compreso che il vero studio delle arti marziali ha inizio solo dopo una costante pratica e che quindi fino ad oggi non ho fatto altro che apprendere come stare in piedi e forse più avanti imparerò a camminare ( e magari in futuro anche a correre ).
Spostando sempre la linea di demarcazione più avanti.
Al momento sto cercando di colmare molte lacune tecniche, quali una guardia non sempre ben alta e la lentezza che ho nel rientrare da alcune tecniche che porto, non ultimo sto condizionando il fisico per ricevere i colpi e sto facendo “fiato” in vista dei 10 Kumite che mi attendono.
Il prossimo 6 Aprile quindi, sarò chiamato a dimostrare a me stesso cosa ho appreso in questi anni, e anche se mi aspetta una dura prova, so per certo che non mollerò e che avrò comunque dato il 100% del mio impegno e del mio sacrificio, anche per superare l’emozione che in quel frangente si aggiungerà agli altri ostacoli da superare.
Vi farò sapere come procede la mia preparazione e colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che mi sostengono ogni giorni e anche quelli che avranno avuto la pazienza di leggere queste poche righe fino alla fine.

Buona Vita e buon allenamento a tutti,

Osu

Lorenzo Sardara

 

 

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