Primo Stage Fighting Karate Shinseikai

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Primo Stage Fighting Karate Shinseikai

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Hitotsu Jinkaku kansei ni tsutomuru koto – il Karate è mezzo per migliorare il carattere

Sabato 17 settembre, ore 9,40 raggiungo il dojo del Sensei Filippo Cala’ per il primo stage di Shinsekai Karate che si tiene in Italia: benché si tratti del dojo dove mi alleno costantemente, oggi appare sotto una luce diversa, emozionante e nuova.
Accompagno i miei amici, venuti da L’Aquila appositamente per l’occasione, dal Sensei che già ci attende all’interno della palestra, proprio vicino al ring, come ogni volta.
Mentre i miei amici si presentano e parlano con il Sensei, mi guardo intorno, avendo già da un po’ notato molto più movimento del normale: sono appena arrivati gli amici del dojo umbro, da poco entrati con il loro entusiasmo e la loro serietà nella famiglia, sempre più grande, dello Shinsekai Karate.

Saluto tutti, benchè in realtà mi ricordi pochi nomi: d’altronde passiamo il tempo ad allenarci e non certo a parlottare del più e del meno!
E’ ora di vestirsi: indosso il karategi nell’affolato spogliatoio e uscito fuori mi avvicino al Sensei, già pronto, che mi chiede se va tutto bene: un mio cenno della testa e un sorriso rispondono alla sua domanda e davanti allo specchio indosso la cintura gialla.
Mancano 5 minuti all’inizio dello stage e mi guardo intorno: amici, conoscenti e sconosciuti sono quasi tutti pronti, accomunati tutti sia dall’emozione che la pratica dell’autentico karate porta sempre con se che dalla serietà necessaria per praticare in modo sensato ogni disciplina sportiva.
Ore 10.02, il Sensei Cala’ apre lo stage richiamando tutti all’ordine e spiegando rapidamente a cosa andremo incontro: tecniche di shinsekai karate nella mattinata e, dopo una breve pausa, di K1 style nel pomeriggio, il tutto accompagnato da un leggero (sorrido pensando alla differenza che c’è fra il concetto di “leggero” del Sensei e quello che molti hanno…) condizionamento fisico, mirato soprattutto al fiato. Iniziamo quindi con il riscaldamento, che durerà una decina di minuti, seguito poi da un rapido richiamo delle posizioni fondamentali e delle corrette modalità per tirare pugni e calci: il Sensei a questo punto si muove fra di noi, per correggere errori e cattive abitudini di chi non è abituato a questa disciplina.
A questo punto possiamo passare alle vere tecniche di shinsekai karate, del quale il Sensei Cala’ sottilinea sempre l’aspetto dinamico ed efficace: per questa parte dell’allenamento ci dividiamo in coppie ed io ho la fortuna di avere come compagno di allenamento uno dei più validi elementi del dojo umbro Andrea, con il quale mi allenerò per il resto della mattinata.
Da questo momento in poi è un susseguirsi di tecniche, spiegate in modo chiaro e veloce dal Sensei e ripetute numerose volte da tutti noi. Dopo poco è chiaro il messaggio che il Sensei vuole darci: sfruttare la potenza del sabaki, che permette di colpire sfruttando gli angoli ciechi dell’avversario, e pensare il nostro avversario diviso in quattro sezioni (due alte e due basse).
In particolare, mi ha colpito quest’ultima strategia: se intendiamo colpire nella sezione “bassa” dell’avversario, ad esempio, dobbiamo passare per le sue sezioni “alte”, in modo da portare la sua guardia naturalmente verso l’alto e poi entrare in modo assolutamente efficacie nelle sezioni basse.
Mi rendo conto a questo punto che tutte le combinazioni più efficaci del Sensei sfruttano proprio questo concetto: il fianco mi fa male nel ricordo dei mawashi geri chudan presi in allenamento proprio grazie a questo principio.
L’unine nelle ultime combinazioni di questa strategia e del sabaki ci porta ad eseguire delle tecnine complesse, ma senza dubbio efficaci. Il finale di mattinata è dedicato ai kihon, ovvero alla realizzazione di colpi nella posizione più classica del karate, essenziale per comprendere che la potenza di un colpo non viene solo dall’arto che colpisce l’avversario, ma da un armonioso movimento globale che coinvolge soprattutto l’anca e l’arto “antagonista”.
Intorno a me vedo persone stanche ma soddisfatte, nel momento in cui il Sensei Cala’ ci congeda per la pausa pranzo: un rapido cambio di abiti, un veloce pasto (personalmente a base di due banane e un litro d’acqua) e subito tutti si ritrovano in palestra, per soddisfare le loro curiosità sulla lezione appena tenuta, ma anche sulla storia professionale del Sensei, che alla fine si ritrova circondato da tutti mentre racconta dei suoi duri allenamenti e delle sue ultime gare.
Siamo pronti a ricominciare, passando dal shinsekai karate al K1 style: un veloce riscaldamento ci porta verso il cuore dell’allenamento pomeridiano, ovvero le strategie da ring, eseguite prima dal Sensei e dal suo allievo più anziano e poi da tutti noi.
Per il pomeriggio mi ritrovo a cambiare, come è giusto che sia, compagno di allenamento: fino alle 16 sarà mi allenerò in coppia con una giovanissima ragazza (Federica), che è venuta addirittura da Pordenone per seguire lo stage!
Le strategie sul ring non sono tante, ma sono astute e fondamentali: ci viene infatti mostrato come chiudere il nostro avversario all’angolo (luogo dove avvengono gran parte dei ko), come non farlo fuggire, controllando intelligentemente le sue vie di fuga e bloccandolo nel momento in cui tenta di sfruttarle, e infine come uscire rapidamente dall’angolo, buttandoci dentro il proprio avversario. Al termine di queste strategie ci attendono due durissimi round al sacco, a ricordarci che il fiato è una delle componenti da curare sempre nei propri allenamenti: il primo round è incentrato su tecniche di pugno, da tirare sempre al cento per cento, seguendo gli ordini del Sensei.
E’ dura arrivare alla fine del round, ma ancora più duro sarà il round successivo: alle combinazioni di pugno, si aggiungono infatti le gambe.
Il sudore ormai è tutt’uno con il karategi e solo la forza di volontà, sviluppata nel corso di un anno di allenamento di shinsekai karate, mi permettono di andare avanti e arrivare stremato al termine del lunghissimo round (tre minuti possono essere un’eternità, ve lo assicuro!). Noto con piacere che anche il mio compagno di allenamenti tiene duro, benchè non fosse abituata ad allenarsi al sacco per interi round: arriva alla fine stanca, ma visibilmente soddisfatta.
Ci attendono a questo punto altre tecniche, tra cui il famoso brazialian kick: si tratta di un calcio che parte come frontale ma termina come circolare e, sfruttando questa sorpresa, è in grado di concedere la vittoria per ko in molte occasioni (gli incontri di Feitosa ne sono un esempio!).
La stachezza a questo punto del pomeriggio è grande: le gambe sono pesanti, gli occhi in parte si annebbiano e il fiato manca sempre prima durante le combinazioni. Ma nessuno molla: tutti vivono lo spirito dello shinsekai karate fino in fondo, tenendo duro e resistendo al dolore e alla fatica. OSU!
Un round di shadow boxing ci accompagna alla fine dello stage: con il fiatone e la stanchezza addosso, ci prepariamo al saluto, che segue rigorosamente la prassi del karate.
Durante il mokuso (momento di concentrazione finale), non ripenso questa volta ai miei errori, ma a tutto quello che abbiamo fatto, ai consigli del Sensei e alle strategie che ci ha mostrato, in modo che tutto rimanga meglio stampato nella mia mente. OSU!
Il primo stage italiano dello Shinsekai Karate è terminato: dal sudore, dalla stanchezza e dagli sguardi di tutti si capisce che è stato un vero successo.
OSU!

Hitotsu Doryoku no seishin o yashinau koto – il Karate è mezzo per rafforzare la costanza dello spirito

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