QUATTRO SETTIMANE IN GIAPPONE

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QUATTRO SETTIMANE IN GIAPPONE

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Questa è la storia del mio piccolo viaggio alla scoperta dei maestri del Giappone e delle loro scuole.
Sono tornato da quasi due settimane oramai e posso dire che se ripenso a quelle che erano le mie aspettative all’inizio, quando quest’esperienza era solo un’idea, non posso fare a meno di rendermi conto di quanto il mio pensiero fosse stato lontano dalla realtà.
Mi aspettavo esercizi di condizionamento sul modello di quelli che si vedono fare in tv ai monaci shaolin, come per esempio colpire la sabbia a mani aperte per condizionare le dita o spaccare mattoni a pugni; mi aspettavo esercizi di potenziamento funambolici, tipo camminare a testa in giù o fare gli addominali sul bagnasciuga di qualche fiume, e mi aspettavo esercizi di resistenza fisica ai limiti della sopportazione umana. Per fortuna non c’è stato nulla di tutto ciò, ma questo non mi importava tanto in quanto sono molto orgoglioso degli allenamenti che facciamo qua in Italia.
Le mie aspettative non sono state tradite ma anzi, sono tornato con un bagaglio pieno di bellissime emozioni e fantastiche esperienze.
Un obiettivo però me lo ero prefissato: quello di riuscire a portare a casa un incontro.
Non voglio entrare troppo nel particolare sul come erano strutturate le lezioni nei vari dojo, penso che questo sia l’aspetto meno interessante.
Quello che invece mi ha colpito di più era la devozione che ognuno dei partecipanti metteva nel dare del proprio meglio.

Gli allenamenti mi sembravano quasi delle funzioni religiose, ricche di rituali e di simbologie, e con un linguaggio ben preciso che poteva variare da palestra a palestra. Da quello che ho appreso conoscendo la gente del luogo non mi è difficile pensare che lì il concetto di arte marziale sia molto più spirituale di quello occidentale, e anzi possa coincidere con quello di filosofia di vita.
Questa caratteristica ha suscitato in me un sentimento di profondo rispetto e ammirazione verso i compagni di allenamento prima, e le persone del luogo poi.

Il mio viaggio si è strutturato in varie fasi, in quanto ho frequentato diversi dojo e conosciuto diversi maestri.

A Kyoto la prima palestra che ho frequentato è stata quella di Satake, in quanto era la più vicina al mio hotel, in pochi minuti di cammino ero arrivato, e lì ho partecipato sia a lezioni di karate che di boxe che di grappling.
Lì insegnava un allievo del maestro Satake, e per vie traverse ho scoperto che Satake si presentava in palestra poche volte all’anno più per fare stage che per insegnare. Ho trovato subito un ambiente molto accogliente e il maestro è stato molto gentile a lasciarmi frequentare tutte le lezioni che volevo.
Mi è piaciuta molto la lezione di grappling, non ho imparato un granchè, ma i frequentanti erano particolarmente socievoli e mi hanno aiutato molto nell’apprendere le varie tecniche e soprattutto sono stati molto clementi nello sparring, lasciandomi pure provare qualche presa.

Da qui passo poi a Nantan City, dove ho frequentato lo Shinseikai honbu dojo, e devo dire che tra tutti i posti in cui sono stato questo è stato quello sicuramente più ricco di qualità; qualità degli allenamenti, delle persone e dell’”offerta didattica”: c’erano sei maestri, molti provenivano da scuole differenti, ognuno aveva tante cose interessanti da proporre e tanto da insegnare.

Una palestra che sicuramente ricorderò con grande piacere è lo Shinkarate, anche qui ho incontrato bravissime persone, i compagni di allenamento erano qualcosa in più di semplici compagni, anche se ci conoscevamo da poco. Qui sono rimasto impressionato dall’impostazione perfetta del loro stile di combattimento, nemmeno un mignolino era lasciato fuori posto, ogni movimento, ogni mossa era studiata con precisione scientifica. Ho realizzato bene questo fatto dopo essere stato ripreso al termine  di una sessione di sparring.

A Tokyo ho avuto il piacere di conoscere i professionisti del settore, esperienza che ho pagato cara.
Nella palestra di Taishin Kohiruimaki tirano dei mawashi impressionanti e spero di essere riuscito a rubare il più possibile. Ho avuto l’onore di conoscere i maestri Kohiruimaki e Hamada. Quest’ultimo l’ho incontrato in una sessione di allenamento per i professionisti del team “Bravi Ragazzi” e mi ha regalato una bella corsetta al parco che non scorderò facilmente.

All’AEFactory del maestro Nicholas Pettas ho incontrato un ambiente di soli professionisti e lì ho vissuto ritmi di allenamento fuori della mia portata, comunque va detto che non mi sono mai tirato indietro. Ho partecipato a delle sessioni di sparring niente male al calduccio dell’umidità giapponese, e non ho mai accusato tanti dolori fisici come quando uscivo da lì.
Per il periodo che sono stato lì ci sono stati dei combattimenti e li hanno vinti tutti, e quindi sono molto contento di essermi allenato con loro.

Non posso poi non nominare le palestre di Goju Ryu  e di Iaido, che non offrono allenamenti simili a quelli del karate a pieno contatto, ma hanno tanto da insegnare lo stesso.

Penso di poter dire di aver vissuto l’esperienza che per un mese ho davvero dedicato tutte le mie energie al karate, allenandomi per quattro settimane sei giorni su sette, cosa che in Italia, con gli impegni della vita di tutti i giorni, mi sarebbe impossibile in quanto cadrei in malattia, come è successo varie volte durante la mia preparazione per questo viaggio.
Quest’esperienza non mi ha dato il combattimento che volevo, ma per il bagaglio di esperienza e di emozioni che mi sono portato appresso la storia del combattimento diventa un dettaglio. Sono molto felice di questo mese che ho trascorso nel paese del Sol Levante e di essere uno studente dello Shinseikai e del sensei Calà perché se non fosse stato per loro quest’esperienza non sarebbe stata così ricca.

OSU!

Tullio Vitanza

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