Realizzazione di un sogno di Lorenzo Sardara
Chi mi conosce anche solo marginalmente sa che non sono il tipo al quale mancano le parole o si risparmia dal dire la sua in ogni occasione e su ogni argomento.
Contrariamente all’usuale ho trovato piuttosto difficile riordinare le idee e cercare di trasmettere per iscritto le emozioni provate in quest’ultimo viaggio in Giappone, in occasione della prova d’esame che ho sostenuto presso l‘Honbu Dojo di Kyoto per il conseguimento dello Shodan di Karate Shinseikai.
Nel 2010 avevo assistito all’esame per il Terzo Dan del Sensei Calà, al quale ( oltre che essere coetaneo) accomuna una smodata passione per l’Oriente e per il mondo delle arti marziali in particolare.
Contrariamente all’usuale ho trovato piuttosto difficile riordinare le idee e cercare di trasmettere per iscritto le emozioni provate in quest’ultimo viaggio in Giappone, in occasione della prova d’esame che ho sostenuto presso l‘Honbu Dojo di Kyoto per il conseguimento dello Shodan di Karate Shinseikai.
Nel 2010 avevo assistito all’esame per il Terzo Dan del Sensei Calà, al quale ( oltre che essere coetaneo) accomuna una smodata passione per l’Oriente e per il mondo delle arti marziali in particolare.
Come già scritto in precedenza ho indossato il primo “Gi” attorno ai sette anni e in più occasioni ho interrotto per poi ricominciare gli allenamenti. Basti pensare che ho conseguito la cintura gialla per ben quattro volte, tra Judo, Jiu-Jitsu e Karate ovviamente. ^^’
Ripartire da zero è sempre stato utile, specie per colmare alcune lacune e per capire che la fretta in queste discipline non porta mai a nulla e soprattutto quanto le basi siano fondamentali per costruire qualcosa di solido.
Tuttavia dopo tanti anni non avevo ancora ottenuto l’obbiettivo della cintura nera.
Per uno come me, che ha sempre lasciato tutto a metà ( vedi gli studi ad esempio ) ed altri mille progetti persi per strada, stava diventando una questione di principio ed una sana “ossessione”.
Coronare questo sogno proprio dove il Karate ha avuto origine e si è sviluppato, mi ha reso ancora più felice.
Evitando ancora una volta di annoiarvi con queste premesse, proverò a raccontarvi quella domenica 6 di Aprile del 2014.
Sulla falsa riga dell’esame sostenuto dal Sensei Calá mi ero preparato sui Kihon, i Kihon Ido, lo Yakusoku kumite, due Kata e naturalmente il kumite vero e proprio.
Essendo un giorno festivo il team dello Shinseikai di Kyoto si sarebbe riunito appositamente per la mia sessione d’esame.
Tanaka Kancho e un infortunato (problemi all’anca) Iwasaki Sensei, sono venuti a prelevarci alla stazione di Yagi ( leggasi Iaghi ) ad un oretta circa di treno da Kyoto, vicino dove ha la sede centrale lo Shinseikai Karate.
Prima di arrivare al Dojo però, abbiamo fatto una sosta ad un fiume vicino, per prelevare delle pietre che avrei dovuto rompere con il Tameshiwari.
Sto usando il condizionale perché come alcuni di voi già sapranno, ho fallito in questa prova, per la quale tra l’altro non avevo mai fatto nessuna pratica fino a quel momento.
Quando credevo di aver compreso il meccanismo di rottura era ormai troppo tardi per la mia mano destra, sufficientemente gonfia per i colpi inferti alla pietra, al punto di dover desistere e sospendere ulteriori tentativi.
Mi accingevo quindi a sostenere l’intero esame con un handicap alla mano destra e anche un po’ demoralizzato per il risultato negativo della prova.
Non era comunque quello il momento di deprimersi visto che cosa mi aspettava.
L’appuntamento per tutti era alle 18.00, ma essendo arrivati con largo anticipo ci siamo messi a fare dei giochi di abilità con delle palline da tennis e delle prove per misurare la forza di ognuno di noi.
Il “direttore” poi ci ha mostrato uno schema da lui creato, che sulla base di alcuni esercizi divide le persone in quattro categorie differenti, ed in base alla categoria di appartenenza ci ha dato consigli su quale guardia assumere o quali tecniche e combinazioni prediligere durante il Kumite, il tutto al fine di migliorare il combattimento, ma anche per non fossilizzarsi nell’insegnamento verso il prossimo, partendo dal presupposto che non siamo tutti uguali. Personalmente ho apprezzato il suo lavoro ed aumentato notevolmente il rispetto per questo uomo che ha dedicato la sua vita allo studio ed alla pratica del Karate.
Ripartire da zero è sempre stato utile, specie per colmare alcune lacune e per capire che la fretta in queste discipline non porta mai a nulla e soprattutto quanto le basi siano fondamentali per costruire qualcosa di solido.
Tuttavia dopo tanti anni non avevo ancora ottenuto l’obbiettivo della cintura nera.
Per uno come me, che ha sempre lasciato tutto a metà ( vedi gli studi ad esempio ) ed altri mille progetti persi per strada, stava diventando una questione di principio ed una sana “ossessione”.
Coronare questo sogno proprio dove il Karate ha avuto origine e si è sviluppato, mi ha reso ancora più felice.
Evitando ancora una volta di annoiarvi con queste premesse, proverò a raccontarvi quella domenica 6 di Aprile del 2014.
Sulla falsa riga dell’esame sostenuto dal Sensei Calá mi ero preparato sui Kihon, i Kihon Ido, lo Yakusoku kumite, due Kata e naturalmente il kumite vero e proprio.
Essendo un giorno festivo il team dello Shinseikai di Kyoto si sarebbe riunito appositamente per la mia sessione d’esame.
Tanaka Kancho e un infortunato (problemi all’anca) Iwasaki Sensei, sono venuti a prelevarci alla stazione di Yagi ( leggasi Iaghi ) ad un oretta circa di treno da Kyoto, vicino dove ha la sede centrale lo Shinseikai Karate.
Prima di arrivare al Dojo però, abbiamo fatto una sosta ad un fiume vicino, per prelevare delle pietre che avrei dovuto rompere con il Tameshiwari.
Sto usando il condizionale perché come alcuni di voi già sapranno, ho fallito in questa prova, per la quale tra l’altro non avevo mai fatto nessuna pratica fino a quel momento.
Quando credevo di aver compreso il meccanismo di rottura era ormai troppo tardi per la mia mano destra, sufficientemente gonfia per i colpi inferti alla pietra, al punto di dover desistere e sospendere ulteriori tentativi.
Mi accingevo quindi a sostenere l’intero esame con un handicap alla mano destra e anche un po’ demoralizzato per il risultato negativo della prova.
Non era comunque quello il momento di deprimersi visto che cosa mi aspettava.
L’appuntamento per tutti era alle 18.00, ma essendo arrivati con largo anticipo ci siamo messi a fare dei giochi di abilità con delle palline da tennis e delle prove per misurare la forza di ognuno di noi.
Il “direttore” poi ci ha mostrato uno schema da lui creato, che sulla base di alcuni esercizi divide le persone in quattro categorie differenti, ed in base alla categoria di appartenenza ci ha dato consigli su quale guardia assumere o quali tecniche e combinazioni prediligere durante il Kumite, il tutto al fine di migliorare il combattimento, ma anche per non fossilizzarsi nell’insegnamento verso il prossimo, partendo dal presupposto che non siamo tutti uguali. Personalmente ho apprezzato il suo lavoro ed aumentato notevolmente il rispetto per questo uomo che ha dedicato la sua vita allo studio ed alla pratica del Karate.
Man mano che il tempo passava vedevamo il Dojo popolarsi di gente, e con immenso piacere riconoscevo alcuni membri che avevo incontrato anni prima e ci salutavamo con affetto.
Alcuni di loro un po piu vecchi ed altri trasformati in uomini dai ragazzi che erano.
Tutti o quasi con un grado in piu attorno alla vita, chi per meriti sportivi (vedi il neo-campione del “Sabaki Game”, Senpai Tsukuda http://youtu.be/Wg5JGySGTwY) chi per devozione e dopo aver superato il mio stesso esame, vedasi l’agguerrito Senpai Akai-san.
Ormai la tensione si stava allentando e non badavo piu tanto alla mano infortunata, era ora che il mio esame avesse inizio, e come per tutte le cose irripetibili che accadono nella vita, dovevo trasformare quell’evento in qualcosa di unico dando il massimo.
Alcuni di loro un po piu vecchi ed altri trasformati in uomini dai ragazzi che erano.
Tutti o quasi con un grado in piu attorno alla vita, chi per meriti sportivi (vedi il neo-campione del “Sabaki Game”, Senpai Tsukuda http://youtu.be/Wg5JGySGTwY
Ormai la tensione si stava allentando e non badavo piu tanto alla mano infortunata, era ora che il mio esame avesse inizio, e come per tutte le cose irripetibili che accadono nella vita, dovevo trasformare quell’evento in qualcosa di unico dando il massimo.
Sotto l’occhio vigile di Tanaka Kancho abbiamo iniziato con i Kihon, (le basi del Karate) passando dai piu elementari fino a quelli piu “complessi” che richiedono piu anni di pratica per una corretta esecuzione.
Poi come previsto e’ stata la volta dei Kihon Ido, ovvero le tecniche di Kihon eseguite in movimento.
In gruppetti di 3, massimo 4 persone, abbiamo “passeggiato” in largo e in lungo per il Dojo ripetendo le combinazioni precedentemente dichiarate.
Cesare e Giovanna Catavitello hanno preso parte attiva al mio esame fin da pincipio, cosi come a quella che è poi seguita, ovvero lavoro in coppia ai colpitori ed una sessione di sparring leggero di un minuto ciascuna a rotazione con tutti gli altri karateka presenti.
Durante lo sparring abbiamo avuto anche il privilegio (e l’onore) di scambiare alcune combinazioni con Kancho in persona, che per chi non lo sapesse è reduce da un brutto Ictus che lo ha colpito qualche anno fa, ma che miracolosamente oggi sembra essersi rimesso in perfetta forma.
L’esame prevedeva poi la parte dello Yakusoku Kumite.
Chiamato al centro del Tatami mi è stato chiesto di mostrare delle combinazioni di combattimento simulato per poi spiegarle come si fa in una vera e propria lezione di Karate, questo per testare le capacità di insegnamento che si presuppone debba avere uno Shodan.
Con l’occasione ho illustrato l’uso del Sabaki in combinazione di difesa e contrattacco, abbinando “Hiza Geri” ed “Ushiro Geri”, ed il tanto amato “Kakato Otoshi” che è un po’ il marchio di fabbrica dello Shiseikai Karate di Roma.
Soddisfatti dalla prova, gli esaminatori, mi hanno poi invitato ad eseguire i due Kata sopra menzionati, prima di passare alla fase finale dell’esame, il Kumite dei 10 uomini.
Il primo dei miei avversari e stato Sensei Okada, un veterano delle arti marziali (terzo dan di Karate Shinseikai). Su Okada vorrei spendere due parole in più perché mi ha onorato della sua presenza nonostante gli impegni di lavoro. Si è presentato con un po’ di ritardo rispetto agli altri ed ha subito preso parte al riscaldamento e dallo sparring leggero, per poi “pretendere” di combattere per primo e per ben due volte. La mia prova senza i suoi colpi ben assestati non avrebbe avuto la stessa valenza, e colgo l’occasione per ringraziarlo qui in quanto una volta finito il Kumite si è cambiato ed è schizzato nuovamente a lavoro.
Devo dire che nonostante mi fossi allenato duramente per alcuni mesi prima di questo appuntamento, ho accusato molto la fatica di tutta la parte che ha preceduto il Kumite, e anche durante gli incontri sentivo spesso che le energie mi stavano abbandonando.
Tuttavia non mi sono arreso ed ho cercato di dimostrare a me stesso che sarei arrivato fino in fondo. E’ stata un emozione grandissima ed un privilegio che pochi hanno avuto modo di vivere, il venire accolto come un membro di una famiglia, che in fin dei conti si è dimostra distante solo in termini territoriali.
Nonostante fossi molto più alto di loro non ho mai visto nessuno arretrare anche dopo qualche ginocchiata un po’ più energica che assestavo per cercare di farli demordere e recuperare un attimo. Ho provato sulla mia pelle lo spirito del “Yamato Damashii“, e posso dire che allo scadere di ogni round è stato un piacere ringraziare e stringere le mani di questi grandi uomini. Spero di poter condividere al più presto le stesse emozioni, magari ospitando qualcuno di loro presso il nostro Dojo di Roma.
Concludo con dei doverosi ringraziamenti per coloro che hanno reso possibile questo sogno.
Per primi ringrazio il Sensei Calà e Kancho Tanaka per la fiducia che mi hanno accordato nel concedermi questa grande opportunità, e tutto l’Honbu Dojo di Kyoto nella persona di Sensei Iwasaki, per la pazienza avuta e perché nel paese più laborioso del mondo mi hanno regalato la cosa più preziosa di tutte, il loro tempo libero.
Infine i compagni e gli amici che mi hanno seguito fino a Kyoto in questa avventura e naturalmente tutti quelli che mi hanno sostenuto dall’Italia e da altri parti del mondo, aiutandomi anche durante gli allenamenti e correggendo perfino il più insignificante errore che riscontravano nel mio bagaglio tecnico.
I buoni propositi di un nuovo Senpai sono quelli di mantenere l’umiltà di chi avrà sempre da imparare anche dall’ultimo compagno che entrerà a far parte della famiglia, offrendo quel poco di esperienza che qualche anno di pratica e parecchio sudore versato mi avranno donato.
Poi come previsto e’ stata la volta dei Kihon Ido, ovvero le tecniche di Kihon eseguite in movimento.
In gruppetti di 3, massimo 4 persone, abbiamo “passeggiato” in largo e in lungo per il Dojo ripetendo le combinazioni precedentemente dichiarate.
Cesare e Giovanna Catavitello hanno preso parte attiva al mio esame fin da pincipio, cosi come a quella che è poi seguita, ovvero lavoro in coppia ai colpitori ed una sessione di sparring leggero di un minuto ciascuna a rotazione con tutti gli altri karateka presenti.
Durante lo sparring abbiamo avuto anche il privilegio (e l’onore) di scambiare alcune combinazioni con Kancho in persona, che per chi non lo sapesse è reduce da un brutto Ictus che lo ha colpito qualche anno fa, ma che miracolosamente oggi sembra essersi rimesso in perfetta forma.
L’esame prevedeva poi la parte dello Yakusoku Kumite.
Chiamato al centro del Tatami mi è stato chiesto di mostrare delle combinazioni di combattimento simulato per poi spiegarle come si fa in una vera e propria lezione di Karate, questo per testare le capacità di insegnamento che si presuppone debba avere uno Shodan.
Con l’occasione ho illustrato l’uso del Sabaki in combinazione di difesa e contrattacco, abbinando “Hiza Geri” ed “Ushiro Geri”, ed il tanto amato “Kakato Otoshi” che è un po’ il marchio di fabbrica dello Shiseikai Karate di Roma.
Soddisfatti dalla prova, gli esaminatori, mi hanno poi invitato ad eseguire i due Kata sopra menzionati, prima di passare alla fase finale dell’esame, il Kumite dei 10 uomini.
Il primo dei miei avversari e stato Sensei Okada, un veterano delle arti marziali (terzo dan di Karate Shinseikai). Su Okada vorrei spendere due parole in più perché mi ha onorato della sua presenza nonostante gli impegni di lavoro. Si è presentato con un po’ di ritardo rispetto agli altri ed ha subito preso parte al riscaldamento e dallo sparring leggero, per poi “pretendere” di combattere per primo e per ben due volte. La mia prova senza i suoi colpi ben assestati non avrebbe avuto la stessa valenza, e colgo l’occasione per ringraziarlo qui in quanto una volta finito il Kumite si è cambiato ed è schizzato nuovamente a lavoro.
Devo dire che nonostante mi fossi allenato duramente per alcuni mesi prima di questo appuntamento, ho accusato molto la fatica di tutta la parte che ha preceduto il Kumite, e anche durante gli incontri sentivo spesso che le energie mi stavano abbandonando.
Tuttavia non mi sono arreso ed ho cercato di dimostrare a me stesso che sarei arrivato fino in fondo. E’ stata un emozione grandissima ed un privilegio che pochi hanno avuto modo di vivere, il venire accolto come un membro di una famiglia, che in fin dei conti si è dimostra distante solo in termini territoriali.
Nonostante fossi molto più alto di loro non ho mai visto nessuno arretrare anche dopo qualche ginocchiata un po’ più energica che assestavo per cercare di farli demordere e recuperare un attimo. Ho provato sulla mia pelle lo spirito del “Yamato Damashii“, e posso dire che allo scadere di ogni round è stato un piacere ringraziare e stringere le mani di questi grandi uomini. Spero di poter condividere al più presto le stesse emozioni, magari ospitando qualcuno di loro presso il nostro Dojo di Roma.
Concludo con dei doverosi ringraziamenti per coloro che hanno reso possibile questo sogno.
Per primi ringrazio il Sensei Calà e Kancho Tanaka per la fiducia che mi hanno accordato nel concedermi questa grande opportunità, e tutto l’Honbu Dojo di Kyoto nella persona di Sensei Iwasaki, per la pazienza avuta e perché nel paese più laborioso del mondo mi hanno regalato la cosa più preziosa di tutte, il loro tempo libero.
Infine i compagni e gli amici che mi hanno seguito fino a Kyoto in questa avventura e naturalmente tutti quelli che mi hanno sostenuto dall’Italia e da altri parti del mondo, aiutandomi anche durante gli allenamenti e correggendo perfino il più insignificante errore che riscontravano nel mio bagaglio tecnico.
I buoni propositi di un nuovo Senpai sono quelli di mantenere l’umiltà di chi avrà sempre da imparare anche dall’ultimo compagno che entrerà a far parte della famiglia, offrendo quel poco di esperienza che qualche anno di pratica e parecchio sudore versato mi avranno donato.
Grazie di cuore a tutti! Osu!
Lorenzo Sardara